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Libro sui miracoli del Beato Antonio di Amandola (Viatu Antoniu Santu)

Sabato 23 agosto, ore 16.30, la Confratenita di S. Nicola del Beato Antonio di Amandola, in collaborazione con il Centro Culturale Agostiniano di Roma ha presentato il secondo volume di Giovanni Palmieri, storico di Montefortino che scrisse nel 1649. Il testo è stato tradotto dal latino dalle Monache Benedettine di Monte S. Martino. Sono riportati in rassegna centinaia di miracoli avvenuti dopo la morte nell’arco di due secoli, e va a completare il primo volume sulla vita del Beato, pubblicato nel 2005. Nel testo viene ampiamente riportata la devozione al Beato allora presente in tutti i paesi della Marca Anconitana (dall’ Esino al Tronto) oltre a regioni più lontane come Lombardia, Emilia, Puglia e Campania; la bacheca degli ex-voto presente nel santuario ne dà la prova.

Antonio Migliorati nacque il 17 gennaio 1354 in località Abbadia, sulle pendici del monte Amandola, nei pressi del convento benedettino dei SS. Vitale e Donato, ricevendo il nome in onore di Sant’ Antonio Abate, fondatore del monachesimo orientale. Fu istruito nella fede dai monaci li presenti, poi fu attratto dalla spiritualità agostiniana, su influsso di Nicola da Tolentino. Morì il 25 gennaio 1450, a 96 anni. Si dedicò completamente al Signore, spinto dalla devozione mariana tipica del suo ordine (Madonna del Buon Consiglio, Madonna del Soccorso) che lo ha sempre assistito nelle pratiche pie, nella mortificazione del corpo che ne ha fatto un corpo spiritualizzato e nella continua esortazione e santificazione del suo popolo. La sua biografia (il primo volume del Palmieri) attesta i tanti viaggi: fu per 12 anni priore in un convento pugliese, sempre compiuti pedibus calcantibus e spesso senza calzari: le inarcature delle piante dei piedi lo testimoniano.

La processione detta delle Canestrelle di domenica 24 agosto, con offerta di grano nelle classiche ceste di vimini, arricchita sempre da nuovi addobbi (tutto il paese si riveste di covoni) non parla di una semplice rievocazione storica con costumi d’epoca, ma comporta un senso di fede e di partecipazione corale nella testimonianza dell’affetto della cittadinanza verso il suo Beato. Alla fine del percorso (circa 500 m) il Vice-Provinciale degli agostiniani, Padre Pasquale Cormio di Roma ha presieduto la messa solenne nel Santuario agostiniano.

La sfilata si svolse per la prima volta nel 1897 su idea del Padre OESA (Ordine Eremitani Agostiniani) Concetti e da allora, tolte alcune interruzioni, ha visto sempre una continua partecipazione devota e una crescita di eventi: bande musicali, sbandieratori, addobbi artistici del paese, riscoperta delle arti e cucine tradizionali.

P. Concetti attinse a piene mani dalla tradizione: nelle nostre campagne ricordo che i nonni alla raccolta delle primizie facevano sempre un segno di croce, non tanto per abitudine ma come a ringraziare il Signore per il dono ricevuto. La Bibbia, nell’AT è piena di offerte di primizie (Dt 26) anche se i profeti e i salmi ricordano che l’unico sacrificio gradito al Signore è un cuore contrito e la lode perenne (Is 1, 10-20).

Le processioni con i frutti della terra non sono neppure un’invenzione cristiana, tutti i popoli di tutte le religioni le hanno fatte e continuano a farle, da quando l’Uomo divenne, diverse migliaia di anni fa, coltivatore della terra (etimo della parola Cultura). La tradizione più vicina a noi risale ai culti eleusini della civiltà micenea (II millennio a. C.) di Demetra e Core (dal greco Madre e Figlia), i cui nomi sono attestate ancora in tutta Europa: Demetria e Corinna. Sono citati da tante opere, tra le più antiche in un famoso Inno Omerico (VII- VI a. C.) e raffigurate con fasci di grano e papaveri. Demetra la madre celeste che dà i frutti, la figlia Kore, sepolta nell’Ade per 4 mesi, esce in ogni primavera dagli inferi nella continua rinascita della natura; insieme danno frutti all’Uomo per 8 mesi. I Romani, dipendenti dal granaio siciliano, le chiamarono Cerere e  Proserpina acquisendone il loro culto dal tempio situato nella odierna Enna, ombelico dell’isola (Ovidio Fasti, 1, 671). In definitiva, per i greci erano le due dee ad aver donato agli uomini i Cereali ed i Misteri (Sacramentum in Latino).

Le processioni pagane differiscono per l’andamento circolare come forza centripeta ed aggregante, oltre che riproducente il ciclo stagionale. Le processioni cristiane hanno preso uno sviluppo lineare, a simboleggiare il nostro concetto (agostiniano) della Storia che non ritorna mai su se stessa, ma che siamo diretti verso una meta ultraterrena. Una delle prime processioni fu praticata da Papa Liberio nel 350 circa, come risposta alle processioni pagane dei Robigalia o a quella della Crocifissione dei cani e Sfilata delle Oche del 3 agosto che ricordava la cacciata del re Gallo Brenno (390 a. C.).

E’ bene ricordare queste cose in un periodo in cui si avvertono tanti banali rigurgiti di un paganesimo velato da idee di modernità, per non parlare della perdita di senso dei riti e delle simbologie; non si spiega altrimenti il triviale ricorso ai tanti tatuaggi che sembrano non dire niente ma che lanciano il loro grido di battaglia! Unico tatuaggio del Cristiano è la circoncisione del cuore!

Con la processione delle canestrelle del 1897 si cercò di ristabilire l’antico culto verso il Beato che aveva subito forti contraccolpi. La risposta dei fedeli fu immediata, in pochi anni, grazie anche alle offerte provenienti da devoti emigrati in America Latina, si finirono i lavori di costruzione della chiesa e terminare le pitture che ancor oggi possiamo ammirare (una parte è stata restaurata 10 anni fa, la navata sta aspettando ancora di essere riportata all’antico splendore). Restava solo un problema: l’urna del Beato era coperta dall’altare maggiore e dai tendaggi tipici della messa tridentina; occorreva una sistemazione più decorosa e maggiormente visibile. Già dal 1913 si cominciò a raccogliere le offerte per la costruzione di una cappella nell’antico chiostro del convento, ma per vari motivi, comprese le due terribili guerre, rimandarono la costruzione. Nel secondo dopoguerra aumentò la comunità dei frati e si ricominciò a parlare del progetto che nel 1996 ha visto la conclusione: la cappella in cui riposano le spoglie integre del Beato, con il cuscino in legno al suo fianco, in cui ogni giorno viene celebrata la Santa Eucaristia. Sede degna per un instancabile predicatore che attende il ricorso del popolo per operare come in passato nuovi e tanti prodigi.

Il testo riporta la presentazione del Priore della Confraternita Valerio Carucci e l’Introduzione del P. Pasquale Cormio OSA. I miracoli possono dividersi in tre diversi ordini (l’autore li porta a 5): contro gli incidenti mortali,  contro le malattie mortali, contro le possessioni diaboliche. Per la sua attendibilità il testo completo del Palmieri servì per la beatificazione di un secolo dopo fatta da Papa Clemente XIII l’11 luglio 1759. Nella Postfazione, il compianto P. Agostino Vita OSA, traccia una breve storia del Santuario, riportando particolari interessanti e sconosciuti al grande pubblico. Nel leggerlo si può capire come mai il culto del Beato, subito dopo la sua proclamazione, andò scemando.

Ne riportiamo una su tutte, frutto del culto di Ragione, LibertĂ , Uguaglianza e Fratellanza:

“I soldati napoleonici sono acquartierati nel convento di S. Agostino e nel pomeriggio dell’ 11 giugno 1798 fanno irruzione nella chiesa e profanano la tomba del Beato Antonio a scopo di rapina e dileggio. […] Ne denudano il corpo dopo averlo estratto dall’urna fracassata e lo espongono al ludibrio dei presenti”; fu posto sopra il pulpito centrale ed invitato a predicare, visto che appariva ancora vivo! Alla fine l’intervento del comandante Lahure pose fine a tanto scempio.

Tornando a fatti più gloriosi, nella descrizione degli eventi si possono scorgere le splendide pitture del 1908 di Francesco Ferranti da Tolentino nell’abside della Chiesa.

Due anni fa, i frati di S. Agostino hanno lasciato il convento di Amandola a causa del calo di vocazioni. Dai documenti comunali la loro presenza è attestata al 1301. Ora la gestione della struttura conventuale, del santuario e delle festività è curata dalla citata Confraternita la cui esistenza è certificata dal 1463, solo 13 anni dopo  la morte di Antonio Migliorati, cosa che fa ben pensare ad una sua fondazione.

Nella conferenza di presentazione, alla  presenza del Sindaco di Amandola Marinangeli e del Presidente della Comunità Montsana dei Sibillini, Cesare Milani, tre testimonianze dirette di persone miracolate per intercessione del Beato hanno fatto emozionare tutti i presenti. Che non sia l’occasione buona per aprire la causa di Santificazione che Antonio sembra attendere con pazienza nella sua urna.

La Confraternita offre l’opportunità di acquistare il volume a soli 10 euro, assieme al testo di Tiziana Marozzi “Le origini della Fondazione Agostiniana e il suo vitale apporto alla crescita spirituale e culturale di Amandola” del 1997.

Per l’occasione, Don Paolo de Angelis, parroco di Amandola, ha rispolverato un antico responsorio latino (www.beatoantonio.it) e la Confraternita ha messo a disposizione 100 euro per il miglior traduttore (concorso aperto per giovani fino ai 25 anni).

Il turismo religioso sta riscoprendo il Santuario del Beato Antonio come meta obbligata. Si resta stupiti di fronte al corpo incorrotto da 564 anni! Alcuni anziani (lo invocavano con la frase: Viatu Antoniu Santu) lo ricordano ancora con la carne viva! Le piante dei piedi inarcate testimoniano della tanta strada percorsa senza calzari, forse un buon ritrovato per arrivare a 96 anni!

Antonio ha camminato nella Via Santa, ora con i tanti miracoli e con il prodigio del suo corpo incorrotto, sembra ancora invitarci a percorrere quella strada (Lv 19, 2: Siate Santi, perché Io, il Signore Dio vostro, sono Santo!).

Buratti Giorgio