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Il Transito

La morte del Beato Antonio c’è stata tramandata con abbondanza di particolari. Non si parla di malattia. Egli si spense come una candela, di semplice vecchiaia. Aveva la bella età di 95 anni ed era da poco cominciato il 1450 . Tre anni prima aveva avuto la grande gioia della canonizzazione del suo caro S. Nicola, che aveva destato tanta eco nel mondo.

Ebbe dalla Celeste Madre la rivelazione che il suo trapasso si avvicinava ed egli lo comunicò ai suoi confratelli perché lo aiutassero con la preghiera.

Passarono così alcuni giorni. Quando sentì che la fine era imminente, chiamò nella sua cella tutti i confratelli e, con umiltà e sincerità, chiese che, se avesse dato qualche cattivo esempio o qualche dispiacere, per l’amore di Dio e della sua Madre Santissima gli concedessero il loro perdono. Poi si confessò e ricevette con somma devozione la Comunione come Viatico per l’eternità e l’Estrema Unzione.

In fine, con piena lucidità di mente, attorniato sempre dai confratelli, si rivolse al P. Priore, che era il P. Giambattista Stazzi, e chiese di esprimere il suo ultimo desiderio. Il Priore acconsentì, impegnandosi ad accontentarlo qualunque cosa egli chiedesse. Allora il morente chiese che il suo corpo venisse sepolto nella nuda terra avanti alla porta del coro; i religiosi, andando a pregare, ci sarebbero passati sopra e lo avrebbero ricordato sempre alla misericordia del Signore.

Era il 25 gennaio 1450 .

La sua morte fu un lutto veramente sentito per Amandola che lo pianse partito, ma lo cominciò a sentire subito presente e a venerarlo come si venerano i santi. Qualcuno in vita lo avrà per caso chiamato Beato: ma da quel momento fra Antonio Migliorati fu per tutti « lu beatu Antoniu ». La sua sepoltura divenne immediatamente meta dei devoti e la sua intercessione si rivelò po­tente davanti al Signore.

Ma nell’umile fossa da lui stesso voluta il corpo non restò lungamente.

A parte l’anelito degli Amandolesi che desideravano più onorato e più a portata di mano il loro beato, ci furono dei fatti prodigiosi che indussero gli Agostiniani a dare al loro confratello una sepoltura più dignitosa. Il più clamoroso di questi avvenne nel 1453.

Nel convento di Amandola viveva un certo fra Egidio da Tolentino che aveva l’ufficio di sindaco o procuratore. Egli soffriva di calcoli ai reni. Durante una colica che lo fece spasimare atrocemente per cinque giorni si mise ad invocare con fiducia il Beato Antonio. Dopo il quinto giorno finalmente riuscì ad addormentarsi e vide in sogno il Beato che si avvicinava al suo letto e che faceva su di lui il segno della croce. Si svegliò di soprassalto e subito comprese che ogni disturbo era veramente sparito. Ringraziò il Cielo, però non parlò con nessuno dell’accaduto. Ma la notte successiva vide ancora in sogno una maestosa Signora, la Santa Vergine , che accompagnava il Beato. Essa lo rimproverò dolcemente per non aver divulgato il beneficio e lo pregò di far eseguire quanto il Beato avrebbe esposto. Poi scomparve.

Il Beato allora gli disse che era disegno di Dio che il suo corpo venisse esumato e posto in un luogo più degno e che a questo avrebbe dovuto provvedere il P. Stazzi. Il P. Stazzi era a quel tempo di famiglia a Tolentino, ma fu assegnato nuovamente ad Amandola in quello stesso anno con l’ufficio di Priore. E nel mese di settembre egli fece riesumare il corpo del Beato.

Si narra che uno degli scavatori colpì inavvertitamente il naso del Beato e che questi esclamasse: “Fate piano”.

La tonaca monastica fu trovata tutta bagnata e marcia, ma il corpo del Beato era asciutto e bello, assolutamente incorrotto, ancora molle e flessibile ed emanava un soave profumo. Fu riposto in una bella cassa di noce e fu posto in chiesa, nell’altare laterale di sinistra, sotto il gruppo della Pietà che egli aveva tanto venerato in vita.