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Settimana Santa – Giovedì

sul sacerdozio lo prego per loro; per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. (Gv 17, 9)

 

«La nostra preghiera non sale a Dio se non in Cristo e attraverso il Cristo. Tra Dio creatore e noi creature e per di più creature peccatrici, non c’è altro ponte, non c’è altro pontefice che Cristo» (A. Trapè). Egli prega per noi come nostro sacerdote: egli è il nostro sacerdote, prega per ciascuno di noi e per tutti gli uomini, chiedendo al Padre quanto è necessario per ciascuno di noi. Cristo prega per noi come nostro capo: è Lui che parla attraversola Chiesa, che prega in noi attraverso l’azione dello Spirito Santo.

Cristo è pregato da noi come nostro Dio: invocando Cristo siamo immessi nel circolo di Amore della Trinità. Questa è la sintesi agostiniana della preghiera di Cristo, con Cristo e in Cristo. Noi siamo invitati a fame esperienza.

 

La preghiera di Gesù Cristo sacerdote

 

Dio non avrebbe potuto elargire agli uomini dono più grande di quello di costituire loro capo lo stesso suo Verbo per cui mezzo aveva creato l’universo, unendoli a lui come membra, in modo che egli fosse figlio di Dio e figlio dell’uomo, unico Dio insieme con il Padre, unico uomo insieme con gli uomini. Ne segue che, quando parliamo a Dio e preghiamo, non dobbiamo separare da lui il Figlio, e quando prega il corpo del Figlio, esso non ha da considerarsi staccato dal suo capo; per cui la stessa persona, l’unico salvatore del corpo mistico, il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è colui che prega per noi, che prega in noi e che è pregato da noi.

Prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui la nostra voce, e in noi la sua voce. E quando nei riguardi del Signore Gesù Cristo, soprattutto nelle profezie, si dice qualcosa che contiene dell’umiliazione e quindi indegno di Dio, non dobbiamo esitare ad attribuirlo a lui, poiché lui non ha esitato a unirsi a noi. Al suo servizio è infatti tutta la creazione, perché per suo mezzo tutte le creature sono state fatte. E noi quasi vediamo la sua maestà divina quando ascoltiamo le parole: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questi era in principio presso Dio. Tutte le cose per suo mezzo sono state fatte e niente è stato fatto senza di lui. Contempliamo qui la divinità del Figlio di Dio, così eccelsa e sublime che va al di là di ogni più alta creatura; ma poi, in qualche altra parte delle Scritture, lo ascoltiamo gemere, pregare e confessare. Stentiamo allora ad attribuire a lui queste parole, e la nostra mente trova difficoltà a discendere dalla recente contemplazione della sua divinità alla sua umiltà. Crede di offenderlo, trovando parole troppo umane riferite a colui al quale dirigeva la supplica quando pregava Dio; e così rimane sospesa e vorrebbe cambiare il senso delle parole. Nella Scrittura, però, altro non trova se non che bisogna ricorrere a lui e non lasciarsi sviare da lui. Si desti dunque e vigili nella fede! Ricordi come colui che poco prima contemplava nella natura di Dio ha assunto la natura di servo: è divenuto simile agli uomini e, per le sue fattezze, è stato ritenuto uomo. Egli si è umiliato e si è fatto obbediente fino alla morte; ha voluto far sue le parole del salmo e, mentre pendeva dalla croce, diceva: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? È pregato dunque nella natura di Dio; prega nella natura di servo. Là è creatore, qui creatura: lui che senza mutamenti assunse la nostra natura mutevole e fece di noi un solo uomo con lui. Lui è il capo, noi il corpo. Noi dunque preghiamo rivolti a lui; preghiamo per mezzo di lui e in lui. Noi preghiamo insieme con lui ed egli prega con noi.

(dal Commento al Salmo 85, 1)

 

Sul comandamento dell’ anlOre vicendevole

Per una breve meditazione…

Gesù Cristo per noi, ben sapendo che non era usurpazione il farsi eguale a Te, si fece invece tuo servo fino alla morte di croce: per noi vincitore e vittima, anzi,. vincitore perché vittima;

per, noi, al tuo cospetto sacerdote e sacrificio, anzi, in tanto sacerdote in quanto sacrificio: e ci ha fatti, da servi, figli, fatto si Egli,.figlio, schiavo per noi.

(dalle Confessioni X, 43)

 

 

Sul comandamento dell’amore vicendevole

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. (Gv 15, 13)

 

La missione di Cristo si comprende alla luce “del dono e del servizio, non del potere e del dominio. Cristo non è il Messia trionfante atteso dagli Ebrei, ma il servo che dona la vita per i fratelli. Se essere cristiano vuol dire seguire l’esempio di Cristo, la sequela si pone nei termini di una imitazione dello stile del maestro, il quale ci ha raccomandato a parole e con le opere, con la sua vita e la sua stessa morte, la via humilitatis. Il legno della croce diviene la cattedra dalla quale Cristo impartisce la sua lezione: unito nell’umiltà al Padre, è innalzato nella gloria; questo stesso mistero di abbassamento e glorificazione, in unione con il Verbo incarnato, attende ciascun fedele.

 

Il servizio vicendevole dei fratelli

 

Ricordiamo di aver particolarmente sottolineato la sublimità di questo gesto del Signore, che, lavando i piedi dei discepoli, i quali già erano puliti e mondi, volle farei riflettere che noi, a causa dei nostri legami e contatti terreni, nonostante tutti i nostri progressi sulla via della giustizia, non siamo esenti dal peccato; dal quale peraltro egli ci purifica intercedendo per noi  quando preghiamo il Padre che è nei cieli che rimetta a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Vediamo come si concilia questo significato con le parole che egli aggiunge per motivare il suo gesto: Se dunque io il Signore e il maestro vi ho lavato i piedi; anche voi dovete lavarvi i piedi a vicenda, Vi ho dato infatti, un esempio affinché anche voi facciate come ho fatto io. Dobbiamo forse dire che anche il fratello può purificare il fratello dal contagio del peccato? Certamente; questo sublime gesto del Signore costituisce per noi un grande impegno: quello di ,.Confessarci a vicenda le nostre colpe e di pregare gli uni per gli altri, così come Cristo per tutti noi intercede. Ascoltiamo l’apostolo Giacomo, che ci indica questo impegno con molta chiarezza: Confessatevi gli uni agli altri i peccati e pregate gli uni per gli altri. È questo l’esempio che ci ha dato il Signore. Ora, se colui che non ha, che non ha avuto e non avrà mai alcun peccato, prega per i nostri peccati, non dobbiamo tanto più noi pregare gli uni per gli altri? E se ci rimette i peccati colui che non ha niente da farsi perdonare da noi, non dovremo a maggior ragione rimetterci a vicenda i nostri peccati, noi che non riusciamo a vivere quaggiù senza peccato? Che altro vuoi farci intendere il Signore, con un gesto così significativo, quando dice: Vi ho dato un esempio affinché anche voi facciate come ho fatto io, se non quanto l’Apostolo dice in modo esplicito: Perdonatevi a vicenda qualora qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi dell’altro come il Signore ha perdonato a voi; fate voi pure? Perdoniamoci a vicenda i nostri torti, e preghiamo a vicenda per le nostre colpe, e così, in qualche modo, ci laveremo i piedi a vicenda. È nostro dovere adempiere, con l’aiuto della sua grazia, questo ministero di carità e di umiltà; sta a lui esaudirci, purificarci da ogni contaminazione di peccato per Cristo e in Cristo, e di sciogliere in cielo ciò che noi sciogliamo in terra, cioè i debiti che noi avremo rimesso ai nostri debitori.

(dal Commento al Vangelo di san Giovanni 58,5)

 

Per una breve meditazione:

Non disdegni il cristiano di fare quanto fece Cristo. Poiché quando il corpo si piega fino ai piedi del fratello, anche nel cuore si accende, o, se già c’era, si alimenta il sentimento di umiltà.

(dal Commento al Vangelo di san Giovanni 58,4)

 

Sull’Eucarestia

lo sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

(Gv 6, 51)

 

L’Eucaristia, «sacramento così grande e divino», è strettamente congiunta all’Incarnazione del Figlio di Dio: «Se il Signore degli angeli non si fosse fatto uomo non avremmo la sua carne; se non avessimo la sua carne, non mangeremmo il pane dell’ altare». (Discorso 130, 2) Per conferire all’uomo la vita divina Cristo si è fatto sacerdote e sacrificio,offrendo -lui sommo sacerdote – il proprio corpo e sangue una volta per sempre, in un «sacrificio così sublime ed accessibile». L’Eucaristia è la «medicina così splendida e nobile», (Discorso 228/B, 1) che sprona il cristiano a seguire le orme di Cristo. Sull’altare infatti non offriamo solola Vittimadivina, ma anche noi stessi: «Questo è il sacrificio dei cristiani: Molti e un solo corpo in Cristo.La Chiesacelebra questo mistero con il sacramento dell’ altare, noto ai fedeli, perché in esso si rivela che nella cosa che offre, essa stessa è offerta». (La Cittàdi Dio l0, 6). L’Eucaristia è il pane dell’unità della Chiesa-corpo con il Cristo-capo, segno concreto della carità che raccoglie i fratelli in Cristo. La partecipazione all’Eucaristia si rivela un forte richiamo alla coerenza di vita dei cristiani.

 

O sacramento di pietà, o segno di unità, o vincolo di carità!

 

Cristo Signore nostro, che nel patire offrì per noi quel che nel nascere aveva preso da noi, divenuto in eterno il più grande dei sacerdoti, dispose che si offrisse il sacrificio che voi vedete, cioè il suo corpo e il suo sangue. Infatti il suo corpo, squarciato dalla lancia, effuse acqua e sangue, con cui rimise i nostri peccati. Ricordando questa grazia, operando la vostra salute, che poi è Dio che la opera in voi, con timore e tremore accostatevi a partecipare di quest’altare. Riconoscete nel pane quello stesso corpo che pendette sulla croce, e nel calice quello stesso sangue che sgorgò dal suo fianco. Prendete dunque e mangiate il corpo di Cristo, ora che anche voi siete diventati membra di Cristo nel corpo di Cristo; prendete e abbeveratevi col sangue di Cristo. Per non distaccarvi, mangiate quel che vi unisce; per non considerarvi da poco, bevete il vostro prezzo. Come questo, quando ne mangiate e bevete, si trasforma in voi, così anche voi vi trasformate nel corpo di Cristo, se vivete obbedienti e devoti. Egli infatti, già vicino alla sua passione, facendo la Pasquacon i suoi discepoli, preso il pane, lo benedisse dicendo: Questo è il mio corpo che sarà dato per voi. Allo stesso modo, dopo averlo benedetto, diede il calice, dicendo: Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che sarà versato per molti in remissione dei peccati. Questo già voi lo leggevate o lo ascoltavate dal Vangelo, ma non sapevate che questa Eucaristia è il Figlio stesso; ma adesso, col cuore purificato in una coscienza senza macchia e col corpo lavato con acqua monda, avvicinatevi a lui e sarete illuminati; e i vostri volti non arrossiranno. Perché se voi ricevete degnamente questa cosa che appartiene a quella nuova alleanza mediante la quale sperate l’eterna eredità, osservando il comandamento nuovo di amarvi scambievolmente, avrete in voi la vita. Vi cibate infatti di quella carne di cui la Vita stessa dichiara: Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo, e ancora: Se uno non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà la vita in se stesso.

Se dunque avrete in lui la vita, sarete con lui in una sola carne. Non è infatti che questo sacramento dia il corpo di Cristo per poi lasciarvene separati. E l’Apostolo ricorda che questo era già stato predetto nella santa Scrittura: I due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande, soggiunge, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa. E in un altro passo, riguardo, a questa medesima Eucaristia, dice: Uno solo è il pane, e noi; pur essendo molti; siamo un corpo solo. Voi quindi cominciate a ricevere quel che già avete cominciato ad essere, purché non lo riceviate indegnamente, mangiando e bevendo la vostra condanna.

(dal Discorso 228/B, 2-.5)

 

Per una breve meditazione…

 

Ti sei seduto ad una grande tavola; sta’ bene attento a ciò che ti è messo davanti; perché bisogna che anche tu prepari altrettanto.

La grande mensa è quella dove è cibo lo stesso padrone della mensa. Nessuno ciba i convitati di se stesso: lo fa solo Cristo Signore; Egli è colui che invita, ed Egli stesso è cibo e bevanda.

(dal Discorso 229)


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